“Non sono rassegnato, ma contento di essere rimasto vivo”.
Ottant’anni o forse di più. E’ li con i figli, nel giardino di quel cascinale abbandonato che ogni tanto vanno a trovare per ritrovarsi ancora tutti insieme. Ci invitano a mangiare con loro salame di maiale e salame di fegato, pane fresco croccante e vino, di quello buono, il loro.
Ci siamo appena fermati in quel cascinale della frazione abbandonata, con la nostra carovana di auto con in testa il vicesindaco, un ragazzo di trentasette anni che ci fa da guida.
La frazione si chiama Pretare, è completamente inagibile e si può entrare solo con l’autorizzazione del sindaco.
Continuano a tagliare i salami e versare vino “prendete, prendete, qui ci è rimasta solo l’ospitalità”.
Tutto intorno un disastro, peggio delle immagini della televisione: Pietre di case ammassate una sull’altra per decine di metri, pezzi di tetto sparsi qua e là per centinaia di metri, camion e vigili del fuoco che salgono e scendono dalla strada sollevando nugoli di polvere.
E ogni volta che passano salutano.
Più sotto gli agenti della polizia locale di Torino, che insieme all’Esercito vigilano gli accessi e le vie di questa frazione montana.
Il sindaco del capoluogo piemontese manda qui cinque vigili a settimana, e ogni settimana turnano e si danno il cambio.
C’e’ anche una ragazza molto bella tra di loro, si appresta a ripartire per Torino, ma si vede che vorrebbe rimanere.
Prima di congedarci da quel tavolo all’aperto pieno di salami e di cose genuine, li invitiamo tutti alle nostre sagre. “Manda il programma al vicesindaco, che se riusciamo facciamo un gruppetto e veniamo sul lago anche noi”.
Il sindaco l’abbiamo appena salutato “Siamo morti in cinquantuno – ci diceva – e siamo poco più di milleecento in tutto.”
In quel “siamo morti” c’e’tutta l’essenza della gente di Arquata del Tronto.
Il municipio è in tre container, e anche la caserma dei carabinieri, e la posta, non ci sono case agibili nei dintorni.
Nella mezzora precedente i sopralluoghi consegno al sindaco la copia del bonifico, una copia del libro “Pescate”, due stemmi degli angeli pescatesi, il gagliardetto e la bandiera di Pescate, li nella sala consigliare con sedie e tavoli tutti diversi tra loro, messi insieme alla bell’è meglio.
Anche gli alpini consegnano il loro gagliardetto e i due papà dell’Associazione portano tante borse piene di libri, di quaderni, di cancelleria per i bambini delle scuole, pure una bicicletta da bambina, tutto li nella sala consigliare, con il gonfalone appoggiato alla parete del container, accanto all’assegno stampato in grande del comune di Copparo, dodici mila euro.
Il sindaco Aleandro Petrucci mi fa vedere le altre donazioni ricevute: cinque, sei, dieci mila euro, quando vede il nostro di quasi quattordici mila si illumina, chiama la ragioniera e ci fa una lettera di ringraziamento che chiudo nella custodia blu della mia fascia tricolore.
Ne farò un quadretto che metterò nel mio ufficio.
E’ mezzogiorno, ci congediamo da Arquata, vediamo che c’e’ tanto da fare tra camion e mezzi dei pompieri che vanno e vengono, cercano il sindaco, il vicesindaco, le betoniere vengono indirizzate nella piana sottostante per le fondazioni dei prefabbricati che arriveranno.
Non si vede la frenesia delle persone, la disperazione in giro per le strade, c'e' tanta serenità magari apparente e ci salutano tutti, anche se non sanno chi siamo.
Ci fermiamo in un agriturismo di Accumuli per il pranzo, ma l' amatriciana non è buona come quella delle nostre sagre, come quella preparata da Lorenzo e Paolo nel mese di settembre. Però hanno il salame buono, macinato molto fine e con il pepe grosso come quello di Pretare, e ne comperiamo uno a testa.
Domani saremo a Pescate, 620 chilometri più su.
Vorremmo rimanere qui come quella ragazza di Torino, perché quando vedi quel che c’e’ da fare e come ti tratta la gente, vorresti fare qualcosa di più.
Sono morti in cinquantuno, il cinque per cento della popolazione, come se a Pescate non ci fossero pù all'improvviso centodieci persone.
A ottant'anni la morte non ti ha voluto, è entrata nelle altre case, può entrare ovnque se ci pensi, e apprezzi come se fosse il cibo più buono del mondo anche quel pezzo di pane croccante e lo fai apprezzare anche agli altri.
Rimanere qui un poco ci farebbe bene.
Grazie gente di Arquata del Tronto: A volte un pezzo di pane rappresenta il senso della vita più di tante altre cose.
Buon fine settimana.