17 febbraio 2017 - EDITORIALE

Data di pubblicazione:
13 Luglio 2020
“Io ho due bambini piccoli,  abito a 200 metri dal forno inceneritore di Valmadrera e sono davvero molto preoccupato per la loro salute, per quello che respirano ogni giorno. Ho parlato con il mio sindaco ma non ho ricevuto risposte ai miei quesiti. Lei che ha la fama di essere un sindaco con gli attributi, veda se può fare qualcosa perché non è detto che i fumi del forno non ricadano poi anche su Pescate”.
Sulla questione del forno inceneritore di Valmadrera confesso che ho sempre seguito la posizione dei sindaci che mi hanno preceduto, e cioè in linea con la stragrande maggioranza dei comuni soci e con la dirigenza di Silea spa, la società interamente pubblica che ha in gestione il forno e la raccolta rifiuti.
Del resto io ho fatto sempre battaglie per il mio paese e non per gli altri cittadini, ma devo dire che l’incontro che ho avuto con quel giovane capofamiglia  mi ha colpito.
Quel forno è attivo dal 1974, non da oggi, e nel corso del tempo si è sempre dotato delle migliori tecnologie che il progresso scientifico consegnava.
Da quando però si sviluppata l’ipotesi del teleriscaldamento e cioè utilizzare il calore prodotto dal forno per riscaldare utenze civili e industriali, sono nati comitati di opinione contro questa eventualità a loro dire eccessivamente costosa in termini di investimenti e foriera di un utilizzo sempre più spinto del forno inceneritore per ricavare energia termica, con il conseguente rischio di maggiore inquinamento.
Il progetto del teleriscaldamento prevede la copertura delle utenze di  circa ventimila abitanti equivalenti, nei comuni di  Valmadrera, Malgrate e Lecco e non interessa Pescate.
Credo  che il discorso meriti di essere approfondito, se ci fossero rischi per la salute credo che già il comune di Valmadrera avrebbe fatto sentire la sua voce perché i primi cittadini interessati sono i suoi, e noi pescatesi comunque abbiamo il monte Barro che da questi fumi  in prima approssimazione ci protegge.
Del resto quotidianamente una centralina rileva la composizione dei fumi dispersi e tutti i componenti sono sempre molto al di sotto dei limiti di legge.
Il problema però è che attualmente nessuno sa con certezza l’entità della superficie di dispersione dei componenti dei fumi, oggetto anche questo con altri di studi commissionati di recente e che saranno resi noti non prima di un paio d’anni.
Del resto a mio avviso non si può per ora prescindere dall’utilizzo del termo valorizzatore, come si chiama il forno in modo più elegante.
I rifiuti del sacco trasparente infatti non si prestano molto ad essere ancora riciclati come fanno alcuni consorzi in altre parti d’Italia.
In alcuni casi si può arrivare al 25-30 per cento di riciclo, ma la frazione che non può essere riciclata viene posta  poi nelle discariche e in provincia di Lecco di discariche di rifiuti non ce ne sono, e voglio vedere quale comune accetterà di ospitarne una.
Aprire poi il sacco trasparente per riciclarne i componenti, e l’ho visto fare in uno di questi impianti del cosi detto trattamento a freddo dei rifiuti, è un qualcosa di estremamente ripugnante e anche usando i nastri trasportatori per la selezione spesso questi si impregnano di rifiuti, alcuni dei quali vanno cerniti manualmente, con tutti i disagi del caso.
Manualmente vengono trattati anche i rifiuti che i selezionatori anche di ultima generazione non riescono a riconoscere, essendo la moltitudine degli scarti estremamente variegata.
Questa esperienza che ho vissuto con il vicesindaco - anch’ella toccata dal non bello spettacolo - mi ha portato  a consolidare la convinzione che bruciare la parte di  rifiuti indifferenziata, come facevano i nostri anziani,  sia  magari un modo obsoleto ma per  adesso ancora il modo migliore.
Buon fine settimana.
 

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