Appare di solito nell’immaginario collettivo come una dama nera, con la falce.
Non le vedi gli occhi, non sai se sono duri o compassionevoli, ma dopo tutto non ti interessa neanche saperlo, quando arriva.
Sai solo che ti ha preso due figli, tutti e due i tuoi figli.
Li ha guardati, li ha attesi, li ha visti crescere.
Poi è arrivata e se li è portati via.
Prima vicino a casa, poi dentro casa, e a te e a tua moglie ha lasciato solo i ricordi.
“Gli anni passano e gli anni li conti ad uno ad uno in certi frangenti, inesorabilmente. Adesso sono piu’di trenta da un figlio, piu’ di dieci dall’altro, con la domanda che da sempre ti poni, e vi ponete: Perché? Solo Lui può dare una risposta, lo sai, e so anche che appena arriverai lassù glielo chiederai, sarà la prima cosa che farai.”
Scrivevo così nel mio”Spazio al sindaco” del Notiziario comunale del dicembre 2013. Dopo oltre tre anni c’e’ ancora da scrivere.
Anche se si potrebbe scrivere che è meglio lasciare che il tempo diluisca tutto, ma se non è il sindaco che ricorda e scrive delle tragedie del suo paese chi altri può farlo?
Quante volte avrai pensato a Lei.
Quante volte avrai sussurrato : “Non fermarti, mi hai preso le cose più belle che avevo, i diamanti che luccicavano più del lago baciato dal sole, hai smembrato la mia famiglia che era il solo motivo della mia vita. Finisci l’opera adesso, abbi il coraggio di farla finita.”
Dietro il carattere forte, dietro le partite con gli amici del Circolo, dietro a tutto tanta amarezza, dolore, perchè come si può vivere quando non hai più entrambi i figli? Quando sognavi di tenere sulla ginocchia i nipoti?
Non c’e’ più niente da chiedere, da fare, da sperare. Non ci sono più giorni e non ci sono più notti.
Ma Lei non non ti ascoltava, come non ascolta mai nessuno.
E ci sono frangenti che arrivi a immaginarla molto bella la morte, bionda con gli occhi azzurri.
Che ti prende la mano e ti libera dal dolore e dalla sofferenza, ti accompagna tra campi di grano e distese di prati fioriti, e ad un certo punto si ferma e ti indica la via perché Lei li non può entrare, l’unico posto in cui non può arrivare.
Tu e tua moglie avete lavorato tutta la vita, mille sacrifici, soprattutto per i figli, come facciamo tutti noi genitori che viviamo soprattutto per i figli, perché poi saranno loro ad andare avanti dopo di noi, saranno un poco anche il nostro futuro insieme.
Che senso ha costruire una bella casa, avere qualche soldo da parte dopo tanti sacrifici, avere tanti interessi, amici, stare anche bene di salute, se mancano sempre le cose più importanti?
Solo la fede, la forza e il ricordo ti spingono ad andare avanti.
Quante volte ti ho incontrato al cimitero, proprio dietro la tomba dei miei nonni.
Ti fermavi in preghiera, su quelle due fotografie seminascoste da grandi vasi e mazzi di fiori sempre belli.
Era qualche tempo però che non ti vedevo, neanche al pranzo dell’anziano dello scorso anno, neanche nei pressi della tua casa quando passavo.
E poi.
E poi all’improvviso, li in casa, te la sei vista davanti.
Mi immagino i suoi occhi belli e azzurri, che ti prende la mano e ti libera dal dolore e dalla sofferenza.
Ti accompagna tra quei campi di grano e distese di prati fioriti, e ad un certo punto si ferma e ti indica un cancello che è l’unico posto in cui non può arrivare.
Poco sopra la tua casa, poco sopra il tuo orto, poco sopra il monte Barro, poco sopra Venere che in questo periodo segue il sole nel cielo con la sua luce fissa.
L’avrai già incontrato Giovanni.
Gli avrai già chiesto il perché, La prima cosa che hai chiesto, e Lui ti avrà già risposto.
Un colloquio breve ma immagino franco e profondo, ti avrà spiegato.
Non so se ti avrà convinto, persuaso, ma non è questo quello che importa.
Poi avrà disteso la mano verso le nuvole o verso il lago, o verso i campi coperti di grano.
O verso qualunque cosa dove Marco e Massimo ti stavano aspettando.
Dopo tanti anni, dopo tanto tempo.
Dopo tante lacrime.
Buon fine settimana.